Introversi di tutto il mondo, voi che magari state pensando di avere un problema, voi che vivete quotidianamente in un mondo super eccitato, ove sembra che avere un numero esorbitante di dinamiche relazioni sociali sia, a prescindere, qualcosa di cui andar fieri, voi che magari ritenete una qualità la riservatezza ma osservate intorno a voi un mondo sempre più spregiudicato e fastidiosamente veloce, è finalmente giunto il vostro momento, la vostra tanto attesa riscossa! Si tratta in fondo di una vera e propria rivincita, perchè, diciamocelo pure, da sempre genitori, insegnanti, amici, il mondo stesso del lavoro, sembrano prediligere, più o meno velatamente, l’estroversione, le personalità aperte e anche, perchè no, leggermente sfacciate.
D’altronde è abbastanza semplice comprendere perchè l’estroversione, soprattutto negli ultimi tempi, sia considerata altamente positiva: in un mondo sempre più concorrenziale, ove i posti di lavoro scarseggiano, ove sovente ci si trova ad affrontare problematiche, anche relazionali, che richiedono caratteri pronti ad emergere e a risolvere velocemente le difficoltà, essere persone istintivamente portate a socialzzare con estrema facilità, e agguantare la vita e le esperienze con grinta e velocità, sembrano essere, a tutti gli effetti, doti desiderabili e importanti.
Ma, stando alle ultime ricerche scientifiche , pare che, in realtà, le cose non stiano propriamente così. O almeno sembra che l’introversione, lungi dall’essere un difetto o un limite contro il quale combattere, porti con sè molti aspetti positivi e sicuamente apprezzabili. Marti Olsen Laney, ricercatore e psicoterapeuta, ha realizzato importanti, e per certi aspetti rivoluzionari, studi, secondo i quali il cervello delle persone introverse lavorerebbe di più e sarebbe maggiormente stimolato. Per comprendere appieno questi risultati, è necessario però spiegare in modo completo quali siano le caratteristiche dell’ introversione.
L’introverso non è necessariamente e solo colui che parla poco, che mal sopporta feste o altre occasioni di intensa interazione sociale, chiuso nel suo mondo e magari anche un pò imbronciato e indispettito. Assolutamento no! L’introverso, come dice il termine stesso, è una persona tendenzialmente più proiettata verso la sua sfera interiore, e, conseguentemente, maggiormente riflessiva e, forse, profonda. Questo non significa che disdegni le amicizie o che per forza sembri un filosofo eremita tutto preso da sè e poco incline al rapporto con gli altri. Probabilmente, però, le sue amicizie saranno più intense e durature, anche alla luce del fatto che, per ovvi motivi, la sua capacità di ascolto sarà sicuramente più accentuata rispetto a quella di un estroverso. Naturalmente si parla in termini generali e assoluti, le sfumature possono essere importanti, a chi non è capitato di conoscere persone aperte e chiacchierone che, al momento giusto, sapessero anche ascoltare, ma diciamo che le tendenze sono più o meno queste. L’introverso non è neppure un timido, anche se molto spesso i due concetti di introversione e timidezza tendono ad essere confusi. La timidezza porta quasi sempre con sè una sorta di insicurezza e di paura del confronto con gli altri, ai massimi gradi può creare davvero problemi invalidanti, produce un costante senso di imbarazzo e di timore che, se in alcuni casi può anche essere appropriato o comunque non limitante, nella stragrande maggioranza delle volte è davvero condizionante e inibente. L’introverso, al contrario, non ha paura di far valere le proprie ragioni, non teme eventuali confronti, è semplicemente molto riflessivo, meditativo, e questo gli fa sicuramente onore.
Alla luce di queste considerazioni, ecco spiegarsi allora le conclusioni di Laney, il quale afferma che gli introversi abbiano addirittura una maggiore capacità di risolvere i problemi, e che il loro cervello, tendenzialmente portato a seguire sviluppi più complessi, possa produrre pensieri inattesi e acuti. Insomma, sembrerebbe di capire che la genialità appartiene proprio agli individui meno estroversi ( chissà se Leonardo era tra questi!), ma, senza cadere in semplificazioni eccessive, questi risultati sembrano essere davvero molto interessanti! E non sono gli unici! L’ Harvard Business Review ha pubblicato una ricerca secondo la quale gli introversi sarebbero addirittura leader migliori degli estroversi!
Devo dire che, pensando alla mia esperienza personale, pochissime volte mi è capitato di conoscere persone realmente introverse. Può anche darsi, ma questa è naturalmente solo un’ipotesi, che persone nate con una buona dose di introversione riescano a mascherarla e a trasformarsi letteralmente, spinte, come raccontavo all’inizio, dalle pressanti richieste di una società che sembra sempre più valutare massimamente doti come l’intraprendenza, l’immediata autoaffermazione e la propulsiva spinta ad una vivace socializzazione. Il fatto stesso che questa tipologia di persone riesca, per ipotesi, a mutare aspetti così sostanziali del loro carattere, non può che deporre a loro favore. Significa che sono in grado di carpire efficacemente le richieste sociali ( giuste o sbagliate che siano) e a farle proprie, orientando i loro atteggiamenti naturali e dando così dimostrazione di una grande forza di volontà. Alla luce comunque delle ultime ricerche, bisognerebbe sforzarsi di riflettere maggiormente sull’eventualità di operare tali drastici cambiamenti, vista la dimensione preziosa e appetibile che l’introversione porta con sè. In un’epoca decisamente ” social” e molto esteriore ( a tratti, possiamo dirlo, anche superficiale), qualche profonda riflessione in più sicuramente non farebbe male. L’ importante, ma questo vale per tutti, è mantenere una buona dose di elasticità, senza per forza snaturarsi completamente. Ma, ripeto, questo è un suggerimento diri quasi universale, che può valere per un timido, un collerico, un esagerato logorroico, e via dicendo. Coltivare la giusta sensibilità per recepire le richieste dell’ambiente circostante e cercare di adeguarvisi senza forzare violentemente la propria indole, non può che rappresentare un grado di consapevolezza auspicabile, sempre eternamente coscienti della propria unicità e del suo incontrastabile valore.